venerdì 17 dicembre 2010

FoodMarketo: il design si mangia

Ed arrivò anche il mio primo post serale!

Con la cultura non si mangia, ce lo dicono anche i potenti dal palazzo.
Se il design fa cultura, proviamo a sovvertire questa idea.
 
 
Voglio parlarvi di Foodmarketo, metà pop up store, metà dispensatore di workshop di cucina, che vende oggetti di design contemporaneo online ed ospita seminari giornalieri per ricette e ingredienti.
FoodMarketo è un progetto condiviso da DesignMarketo e dalla rivista Apartamento.
Essi hanno esposto in Italia durante un evento esclusivo presso la Fiera di Milano Design 2010 e a Londra per il London Design Festival 2010.
Trenta designers internazionali hanno realizzato opere sul tema cibo – oggetti per la casa, t-shirts, stampe, borse – ed è tutto in vendita e per tutte le tasche, da quelle dei nani a quelle dei giganti.

Luci sulle città: Art lighting

Freddo, thè alla vaniglia e Sigur Rós. L’inverno è arrivato e il Natale è alle porte.
In città non respiro aria di festa: è tutto in tono minore. La mia attenzione va verso altri pensieri, questioni importanti e decisive. Oggi per me è: Melancholy Mode On.

Ieri non ho postato nulla. le cose successe si commentano da sole. sono amareggiata e sfiduciata. io…
Ciò nonostante, oggi vi illumino, nel vero senso della parola.
Per chi non lo sa ancora il 2011 è l’Anno Internazionale della Cultura della Luce. Per tale motivo molte città italiane e non, hanno ben pensato di decorare scenograficamente i luoghi più significativi con opere arte contemporanea: Torino, Milano, Parigi, Berlino, Tokio.

Tra gli artisti che presentano installazioni a base di Art Lighting, da segnalare c’è il collettivo YesYesNo. Essi sono specializzati nella creazione di accattivanti, magiche installazioni che uniscono la creatività, la visione artistica d’avanguardia e ovviamente il ricorso alle luci e ai led.



Bravi, bravissimi anche i Lightgraff, decisamente meno convenzionali e più vicini ai writers, come rivendicano didascalicamente anche dal loro nome.

 

Infine, vi segnalo il Social Light Movement, un’organizzazione filantropica fondata con lo scopo di creare una rete di lighting designers e altri attori interessati a collaborare sul tema del miglioramento dell’illuminazione in funzione delle persone: in particolare per coloro che non possono fruire di un’illuminazione di qualità a causa dell’ambiente in cui vivono.

Da visitare a Milano il LED Festival, mentre per noi campani, il posto migliore in cui andare per vedere luci d’artista natalizie è Salerno:

NEWpolis

Quello che vi presento oggi è un album che ho su facebook dal giugno 2009.
Esso è un modesto reportage fotografico, che evidenzia le incursioni della street art in senso lato, nel centro antico della mia città.

“The graph on the wall tells the story of it all”
uno sguardo parziale sulla nu-vecchia Napoli.
a bassa risoluzione.
una domenica di giugno.
Molte dei lavori qui fotografati sono opera di Kaf & Cyop di cui vi segnalo una divertente intervista via skype su Ziguline. Inoltre i due writers hanno presentato lo scorso 25 novembre il loro nuovo libro “NO COMMENT” edito da Studiocromie ed hanno eccezionalmente esposto una serie di disegni ad esso “(s)legati” alla Librarteria Il Punto.
Stay tuned!

La comparsa del calciomercato – VOL.2

Il vuoto di potere di cui parlava Pasolini 36 anni fa esiste tutt’ora.
Che cos’è la destra, cos’è la sinistra…per citare Gaber.



Le ideologia non esistono più, sono solo categorie semplificatorie utilizzate dai politici per ingannare i cittadini.

Il fascimo fascista non c’è più, neanche il fascismo democristiano.
Il fascismo di oggi è ancor più meschino e vile, in quanto ciò che conta sono i soldi, la corruzione e le poltrone.

A due giorni dalla “fiducia” al governo, s’è scatenata in parlamento una vera e propria compravendita all’ultimo traditore, tanto per usare parole super inflazionate in questi giorni.
Un vero e proprio calciomercato.
E i potenziali acquisiti provengono da ogni fila politica, non solo dal neonato Fli (in cui gli indecisi dell’ultimo minuto ci potrebbe pure stare, date le doti morali e di coerenza spesso dimostrate che contraddistinguono i soggetti in questione), ma anche dall’Idv.
E’ troppo vergognoso!
E’ corruzione allo stato puro.
Onerevole non è solo un titolo, è un aggettivo qualificativo e tale definizione va guadagnata.
…Cioè dovrebbe.

E invece oggi al mercato ho visto che i deputati sono arrivati a 6000€ al kg: preferisco i tartufi.

E poi, diciamocela tutta, seppure la tanto comprata fiducia arriverà, per qualche voto in più quanto potrà durare questo governo? Quanto il paese resterà ancora in stallo? Noi precari, studenti, ricercatori, aquilani, napoletani, insegnanti, contadini, operai, imprenditori restemo precari, studenti, ricercatori, aquilani, napoletani, insegnanti, contadini, operai, imprenditori.
Senza alcun provvedimento che possa aiutare la società.


Beato Pasolini che citava le lucciole, noi siamo costretti a citare i giocatori di calcio per fare similitudini e parallelismi con la situazione politica di oggi.

La scomparsa delle lucciole - vol.1

di Pier Paolo Pasolini
dal “Corriere della sera” del 1° febbraio 1975


Nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta).
Quel “qualcosa” che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque “scomparsa delle lucciole”.
La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura fascista, era spudoratamente formale.
Si fondava su una maggioranza assoluta ottenuta attraverso i voti di enormi strati di ceti medi e di enormi masse contadine, gestiti dal Vaticano.
I “valori” nazionalizzati e quindi falsificati del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico, di colpo non contano più. Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralità non contano più.
Tutti i miei lettori si saranno certamente accorti del cambiamento dei potenti democristiani: in pochi mesi, essi sono diventati delle maschere funebri. È vero: essi continuano a sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerità incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce di buon umore. Quando non si tratti dell’ammiccante luce dell’arguzia e della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicità. Inoltre, i nostri potenti continuano imperterriti i loro sproloqui incomprensibili; in cui galleggiano i “flatus vocis” delle solite promesse stereotipe. In realtà essi sono appunto delle maschere. Son certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d’ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto. La spiegazione è semplice: oggi in realtà in Italia c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé.
Come siamo giunti, a questo vuoto? O, meglio, “come ci sono giunti gli uomini di potere?”.

…TO BE CONTINUED…
(con un salto temporale di 36 anni)

Ecoimmagination - People have the power

People have the power canta Patti Smith.
Ed ecco a voi un contributo che potete donare, senza spendere un centesimo, che in tempi di crisi prenatalizia fa sempre la differenza.
Da qualche giorno ho sistemato la formattazione dei maledetti widget del mio blog wordpress ed ho aggiunto una funzionalità “socialmente utile”. Andate in fondo alla pagina, troverete sulla sinistra un banner SocialVibe. Cliccateci sopra, senza timore. Non vi mischio virus, è solo un modo alternativo per raccogliere fondi. :D
Si tratta di un progetto realizzato da Ecoimmagination, esso consiste nell’uploadare le tue foto che abbiano come tema ACQUA, SOLE, VENTO. I goals in questione già sono a segno per acqua e sole, ora bisogna raccogliere foto che riguardino il vento. Io ne ho uploadata qualcuna, essendo stata in vacanza l’estate scorsa a Tarifa, la città più meridionale della Spagna, nello stretto di Gibilterra, costantemente ventilata. Non a caso è la città del kitesurf e del windsurf.



Con questo piccolo gesto aiuteremo chi ne ha bisogno, alla realizzazione di impianti eolici che forniranno energia verde, pulita ed ecologica. Per altre, tante, interessanti cause da sostenere con la creatività e non solo, consultate il sito di SocialVibe.
Su Facebook si condividono tante cazzate, non capisco perchè le cose serie stantano a diffondersi…

350 Earth Art

Mentre ascolto il “nuovo” album dei Deerhunter, Halcyon Digest, vi segnalo questa chicca che ho scoperto…sul sito dei Radiohead!

Dal 20 al 28 novembre scorso, si è verificato il primo evento globale di arte ambientale per una causa nobile: riportare all’ordine del giorno le questioni climatiche. In varie locations del mondo, artisti e cittadini hanno realizzato installazioni di arte pubblica per mostrare come il cambiamento climatico stia già avendo ripercussioni sul nostro pianeta. Ogni installazione è grande abbastanza per essere vista dallo spazio e per essere documentata dai satelliti forniti da DigitalGlobe. Il progetto, chiamato 350 Earth Art, dimostra l’ampio sostegno del pubblico e il ruolo che l’arte può svolgere nella grande sfida: proteggere il pianeta su cui viviamo.

Ecco alcune immagini:


Sabato, 20 novembre, i cittadini della regione del Delta dell’Ebro guidati dell’artista Jorge Rodriguez-Gerada hanno contribuito a formare una gigantesca rappresentazione del volto di una giovane bambina che vuole vedere il Delta sopravvivere alla minaccia del cambiamento climatico.


Una ricreazione del leggendario re Canuto, che, secondo la leggenda, ha cercato in vano di comandare l’oceano, creato da Thom Yorke e Stanley Donwood.

In Islanda, l’artista Bjargey Olafsdottir ha collaborato con la squadra di soccorso locale per creare un orso polare con centinaia di tende rosse, posizionato alla base di un ghiacciaio di fusione islandese. L’immagine si ispira alle linee di Nazca in Perù e ai disegni dei bambini, cercando di sottolineare la questione dello scioglimento dei ghiacciai e il futuro incerto degli animali che hanno lì il proprio habitat. 


Nella seconda città più grande del mondo, oltre 5.000 studenti hanno lavorato con l’artista Daniel Dancer per formare l’immagine di un elefante gigante per chiedere ai leader mondiali di non ignorare il cosidetto “elefante nella stanza”: il cambiamento climatico. L’elefante è anche l’animale patrimonio nazionale di India, venerata in forma di Ganesha conosciuta come “la rimozione di tutti gli ostacoli”.
Speriamo che anche i potenti si rendano conto delle problematiche reali del pianeta e si impegnino praticamente per cercare di ridurre le questioni climatiche.
Oggi a Napoli a 15 giorni da Natale, stiamo oltre i 16°, a Mondello si fa il bagno a mare e Torino e sotto la neve.

mercoledì 8 dicembre 2010

A working Class Hero

Purtroppo non ho vissuto neanche un giorno della mia vita contemporaneamente a John Lennon.
Sono nata circa tre anni dopo il suo assassinio, eppure sarebbe stato grandioso vivere “in diretta” la sua persona. I Beatles, la storia del pop, ma anche la sua relazione con Yoko Ono, le performance artistiche, le proteste contro la guerra del Vietnam, le poesie e la musica.

Trent’anni dopo “Imagine”, quanto ancora c’è da fare e da combattere.

Imagine there’s no Heaven
It’s easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today
Imagine there’s no countries
It isn’t hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace
You may say that I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will be as one
Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world
You may say that I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will live as one

Il testo del brano viene solitamente lettoin chiave pacifista, ma lo stesso Lennon ammise che i contenuti del testo di Imagine la avvicinano più al “Manifesto del partito comunista” che a un inno alla pace. Lennon affermò che il brano era “anti-religioso, anti-nazionalista, anti-convenzionale e anti-capitalista, e viene accettato solo perché è coperto di zucchero”.
Che dire di più


Per restare un ambito di pacifismo, che c’è di più rappresentativo di Give Peace a Chance?


La canzone fu scritta durante la celebre luna di miele Bed-In di Lennon e Yoko Ono: quando un giornalista chiese loro cosa pensassero di ottenere standosene a letto, Lennon rispose spontaneamente:
«All we are saying is give peace a chance» (Tutto quello che stiamo dicendo è date una possibilità alla pace); a Lennon la frase piacque e decise di imbastirci intorno una canzone.
Imagine e Give Peace A Chance sono due estremi di un universo musicale diviso tra poesia e messaggio civile, tra attivismo politico e arte.
Infine, ecco un altro testo in bilico tra poesia ed impegno sociale, meno diffuso forse, perchè più esplicito e forte: A WORKING CLASS HERO

As soon as you’re born they make you feel small
By giving you no time instead of it all
Till the pain is so big you feel nothing at all
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be
They hurt you at home and they hit you at school
They hate you if you’re clever and they despise a fool
Till you’re so fucking crazy you can’t follow their rules
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be
When they’ve tortured and scared you for twenty odd years
Then they expect you to pick a career
When you can’t really function you’re so full of fear
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be
Keep you doped with religion and sex and TV
And you think you’re so clever and class less and free
But you’re still fucking peasants as far as I can see
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be
There’s room at the top they are telling you still
But first you must learn how to smile as you kill
If you want to be like the folks on the hill
A working class hero is something to be
A working class hero is something to be
If you want to be a hero well just follow me
If you want to be a hero well just follow me



La canzone parla dell’insensibilità provocata dai condizionamenti sociali, affermando che in questa società solo il “conformarsi” è remunerativo. La libertà e una società non più divisa in classi sono miti concepiti allo scopo di oscurare la nostra fondamentale mancanza di controllo sulle nostre vite, mentre i media, la religione, la sessualità commercializzata e le droghe, legali e non, cospirano tutte allo stesso modo per smorzare il nostro desiderio di cambiamenti sociali.
La tesi di Lennon è che possiamo venire controllati con facilità perché permettiamo che alla nostra immaginazione vengano tarpate le ali.
Il titolo di “eroe della classe operaia” sarebbe stato applicato a John nel corso degli anni da parte dei fan, ma la sua intenzione originaria non era questa; dichiarò infatti di aver solo sperato che la canzone diventasse un “inno dei lavoratori”, e che piacesse quanto era piaciuta Give Peace a Chance. (cft. Wikipedia)



...Caro John, non sai quanto il mondo avrebbe bisogno ancora di te. R.I.P.☮&♥

“We use advertising. Everybody in this country uses advertising, including politicians, the Biafrans, the Vietnamese, everybody. I use advertising to promote what I think. And I think ‘peace’. So I promote it by using a technique called advertising…”
John Lennon, 1969
“You know, give peace a chance, not shoot people for peace. All we need is love. I believe it. It’s damn hard, but I absolutely believe it.
We’re not the first to say, ‘Imagine no countries’ or ‘Give Peace A Chance’, but we’re carrying that torch, like the Olympic torch, passing it from hand to hand, to each other, to each country, to each generation. That’s our job.”
John Lennon, 1980

lunedì 6 dicembre 2010

Nowhere Near Here



Ho sempre questa “maledetta” mania di leggere i giornali e di frequantare social network quotidianamente per essere informata su notizie e curiosità…
Ieri mi sono anche iscritta a Twitter e se volete seguirmi, cercate Emiliana_Me!

In rete ho trovato un video molto, molto carino che ho intenzione di proporvi in visione.
Si chiama Nowhere Near Here ed è “uno stupendo corto che sta conquistando la rete con una nuova forma di street art: più di duecento maschere normografiche attraversate dalla luce hanno “disegnato” la passeggiata notturna di un piccolo cane virtuale. I movimenti sono stati catturati dall’autore del video con migliaia di foto a lunga esposizione. Un lavoro che ha richiesto un totale di 300 ore di scatti nella notte.” (cfr. Pier Luigi Pisa su Repubblica.it)

ra di Pahnl, un artista britannico, spcializzato nello stencil. Egli opera dal 2003 in UK e dice di se stesso:

“Sono enormemente influenzato dal mondo dei fumetti e della segnaletica stradale, ma aggiungo il mio tocco personale e sovversivo. Dal momento che la street art è arte in strada, cerco di far interagire il mio lavoro con l’ambiente, anche se poi, alla fine, tutto quello che voglio fare è far sorridere le persone.”

Secondo me ci riesce, guardate che sfiziosi questi stencil:

'It Started As A Joke' - The scene in it's gorgeous entirety, sorry if it stretches off the screen, haha.

Beh, l’influenza di Haring c’è ed è chiara, ma chi non è influenzato dal creatore dei “radiant boys?”, non lo siamo forse tutti, anche quando usiamo le emoticon sul web? ;)



E poi il video di cui vi parlavo inizialmente. Secondo me con Nowhere Near Here si è decisamente aperto il punto d’incontro tra la street art e l’arte digitale. La passeggiata del cagnolino virtuale è intrisa di “flashlights and explosions” di flussi di luce, proprio come recita il brano in sottofondo.
La colonna sonora scelta è uno pezzo veramente notevole, What Else Is There? del 2006, tratto dal secondo album del gruppo norvegiese Royksopp, “The Understanding”.
Ad accrescere il valore di questo brano, il featuring con Karin Dreijer Andersson, la voce femminile dei The Knife.
ENJOY.

sabato 4 dicembre 2010

Riflessioni a regola d’arte: lo potevo fare anch’io!

Diciamoci la verità, chi di noi di fronte ad un’opera d’arte contemporanea non ha mai reagito facendo un’espressione attonita o basita? Anche chi ha studiato arte, si trova sempre davanti ad un gap storico temporale tra quello che ha approfondito teoricamente e ciò che viene esposto dai musei e dalle gallerie d’avanguardia…

Tutti, almeno una volta nella vita, davanti a un’opera d’arte contemporanea abbiamo pensato: “Questo lo potevo fare anch’io!” Oggi l’arte non presuppone più necessariamente una manualità d’artista, l’aurea dell’armonia o forme e linee perfette, grazie all’evoluzione degli strumenti che la tecnologia ha messo a nostra disposizione.

Secondo Francesco Bonami:
L’arte è come il cibo, nessuno dice ‘non me ne intendo’ quando va al ristorante. È il cibo dell’anima e della mente: dopotutto si mangia anche per piacere, non solo per sopravvivere. Gusterete l’arte come mangiare la pasta, senza pensarci tanto, criticando quella scotta e apprezzando quella al dente. L’arte contemporanea è l’arte più fresca, quella freschissima. Per gustarla bisogna essere pronti a dei sapori nuovi, come quando si viaggia all’estero e si sperimentano piatti sconosciuti, come le unghie di topo al tegame in Laos”.

Dal mio punto di vista, questa citazione esplica chiaramente ciò che oggi fa la differenza.

“Perché non ho scritto La Divina Commedia? Perché non c’ho pensato.” Roberto Benigni

E’ la creatività la parola d’ordine. Essa non presuppone un gradimento o una comprensione.
Se un qualcosa è geniale lo è a prescindere. :)






Per illuminarvi sull’arte contemporanea, ecco uno spezzone del film Il Mistero di Bellavista di e con Luciano De Crescenzo:

giovedì 2 dicembre 2010

Obey, ☮ & Revolution

Il Post di approfondimento di oggi è stato estrapolato da un mio articolo dello scorso giugno, pubblicato sul webzine Art a Part of Culture per cui collaboro dall’aprile 2009. Mi pare opportuno parlare di un artista che ha individuato la pericolosità del cosidetto “Fascismo immateriale”, il plagio del pensiero e l’induzione di bisogni indotti che ci rendono schiavi di un grande fratello e perfettamente omologati.

Et voilà:

Frank Shepard Fairey, meglio conosciuto come Obey, è un artista contemporaneo americano.
La sua produzione artistica in serie inizia nel 1989 sui muri di Rhode Island, per poi diventare un vero e proprio fenomeno globale. Oggi, dopo quattordici arresti, diversi processi e fughe a perdifiato, Shepard Fairey è uno degli street artist e designer più quotati degli Stati Uniti, le cui opere sono esposte in prestigiose collezioni museali, come il New Museum of Design di New York, il San Diego Museum of Contemporary Art, il Museum of Modern Art di San Diego e il Victoria & Albert Museum di Londra.

Classe 1970, Fairey, comincia a disegnare i primi stencil e adesivi punk per skateboard alle scuole superiori, fino a quando rivaluta il concetto stesso di adesivo, inteso come mezzo di espressione personale, anziché modo di rappresentare una band, un’azienda o un movimento.
La sua esperienza artistica inizia con la produzione del suo primo sticker, dedicato ad Andre the Giant, lottatore di wrestling di origine francese, in quel momento all’apice della carriera: il suo volto è trasformato rapidamente in un ritratto stilizzato, è Andre The Giant Has a Posse, corredato da un’inquietante scritta in stampatello “OBEY”.
Nel manifesto redatto nel 1990, Fairey spiega la campagna sticker OBEY come un esperimento di fenomenologia heideggeriana, che consiste nel lasciar che le cose si manifestino nella pura ontologia dell’essere, consentendo alle persone di vedere chiaramente ciò che è davanti ai loro occhi. L’adesivo non ha alcun significato in sé, ma esiste solo per indurre la gente a reagire e a ricercare un senso nella vignetta; le diverse reazioni e interpretazioni degli osservatori riflettono la loro personalità e sensibilità. La campagna Obey Giant entusiasma anche critici d’arte: il newyorkese Carlo McCormick, la collega allo strapotere della pubblicità:

“Viviamo in un mondo sovraccarico di pubblicità. Non c’è modo di evitarle quando cammini per strada. [Obey Giant] ti dice di comprare e obbedire, ma non sai che cosa comprare o a chi obbedire. Funziona al livello elementare di catturare l’attenzione delle persone e fargli chiedere cosa sia un segno. Una volta che inizi a chiederti cosa sia quel segno, allora forse puoi iniziare a mettere in discussione tutti i segni”.

Palese ed inquieta fonte d’ispirazione di Obey è il film cult They Live di John Carpenter, in cui il protagonista, tramite degli occhiali speciali, riesce a decodificare i cartelloni pubblicitari che contengono messaggi subliminali.


“Ho creato il progetto Obey per costringere le persone a confrontarsi con se stesse. Ho l’impressione che molti non capiscano che nella vita agiscono come individui obbedienti e disciplinati. Forse i miei poster possono farli riflettere sulla loro condizione. E molti potrebbero non tollerare questa cosa.”

Inevitabile intravedere un senso politico e sociale nelle parole e nelle azioni di Obey. Impegno politico che è diventato palese nel 2008 quando Fairey crea la serie di posters in supporto alla candidatura di Barack Obama, inclusi i ritratto-icona HOPE e PROGRESS, considerati dal critico d’arte Peter Schjeldahl “i manifesti politici più efficaci in USA dai tempi di Uncle Sam Wants You’”.



Nonostante la legittimazione da parte del sistema dell’arte ufficiale, con mostre in musei e gallerie, nonché la realizzazione di merchandising commerciale, l’intento di Obey resta quello di essere spunto di riflessione sociale, innescando la consapevolezza collettiva. Ne è una prova la sua recente partecipazione al progetto www.artistsforpeaceandjustice.com i cui proventi ricavati dalla vendita delle opere vanno a supportare le opere di ricostruzione per il terremoto di Haiti.

Per chi è interessato a leggere l’articolo completo, ecco il link: obey-di-emiliana-mellone